Oggi è il 29 febbraio 2020
Buongiorno a tutti e benvenuti sul canale Telegram Psicologia a lavoro, io sono sempre Valentina Patacca e oggi voglio proporvi un modo di vedere questo giorno speciale, il 29 febbraio, questo giorno extra serve a riallineare il nostro calendario “umano” con quello astronomico, ma i fondatori di due organizzazioni non governative, Roshan Paul e Britt Yamamoto, nel 2016 hanno dato vita ad un’iniziativa, denominata #24more, quindi 24ore in più, che l’anno bisestile ci regala, per far diventare questa un’occasione speciale per interrogarci sull’equilibrio tra vita e carriera, e raggiungere un maggior grado di consapevolezza. Quindi utilizzare queste 24 ore per riflettere al fine di riallineare ciò che siamo con ciò che facciamo. Attraverso un’analisi di noi stessi provando a domandarci: sono felice del lavoro che faccio? Perché lo faccio? Rispetta i miei valori? Quanto mi sono distaccato dai sogni che avevo?
Molti di noi per ragioni diverse svolgono il proprio lavoro con il pilota automatico inserito, dove la velocità e la direzione sono stabilite dalle abitudini e non dalla nostra volontà. Se vuoi scoprire il peso che ha per te il tuo lavoro oggi prova a chiederti se corrisponde al vero significato che tu hai dato alla tua idea di lavoro, se corrisponde a ciò che per te significa lavorare. In letteratura il lavoro ha diverse sfaccettature, gli esperti in particolare, attribuiscono al lavoro 3 significati:
il lavoro come impiego: quindi vado a lavorare per prendere lo stipendio, senza farmi coinvolgere, lo psicologo sociale Roy Baumeister descrive questo modo di pensare il lavoro come un’attività strumentale. Quindi uso il lavoro per raggiungere altri scopi come comprare una casa, pagare l’affitto o le bollette, viaggiare.
il lavoro come carriera: quindi vado a lavorare perché sono motivato dal mio desiderio di successo e di avere prestigio sociale. Secondo Baumeister questo approccio non è contraddistinto da un attaccamento appassionato al lavoro in sé, perché per il carrierista il lavoro è un mezzo per creare, definire, esprimere, provare e glorificare se stesso.
il lavoro come vocazione: è determinato da una vocazione, quindi dall’idea che si possa essere diciamo “chiamati” a svolgere un determinato lavoro: questa chiamata può arrivare dall’esterno, come ad esempio Dio o la collettività, o dall’interno per una dote naturale che richiede di essere espressa. Secondo Baumeister, “è qualcosa che si fa per senso di obbligo, dovere o destino personale.”
Infine l’economista Tim Clark ha aggiunto un quarto significato, il lavoro come realizzazione: è la tipologia di lavoro che decido di fare perchè è legato ai miei interessi e alle mie passioni. Creo il mio progetto professionale in linea con i miei valori e lo porto avanti secondo le mie convinzioni, a volte anche a scapito della gratificazione economica. Il lavoro assume importanza perché è il luogo dove esprimo me stesso, senza esserne succube ed è vissuto come un’aspetto della vita che non oscura tutti gli altri, come ad esempio la vita personale e sociale.
Ovviamente tutte queste categorie possono sovrapporsi e, come abbiamo sottolineato tante volte, possiamo cambiare durante la nostra vita quando, facendo il punto della situazione, ci accorgiamo che c’è uno squilibrio. Non c’è un significato del lavoro che è più giusto di un altro, se non in relazione alla nostra vita.
L’invito allora è a cogliere queste 24 ore in più per dedicarci del tempo e cercare di analizzare la nostra situazione per capire se il nostro equilibrio tra vita e carriera è sano, solido o ha bisogno di essere rivalutato e riallineato proprio come il calendario.
Se vuoi condividere sui social la tua storia ricordati di utilizzare l’#24more.
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