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La soddisfazione lavorativa

Buongiorno! Eccoci oggi a riprendere il discorso, iniziato sul canale telegram psicologia a lavoro! Sulla soddisfazione lavorativa. Come dicevo nell’introduzione la soddisfazione lavorativa è un costrutto psicologico multidimensionale che quindi è possibile valutare in base a molti altri elementi in primis su tutte la motivazione, ma anche i bisogni, i valori, le nostre percezioni, e in realtà solo alla fine la valutiamo in base alla remunerazione. Quindi la domanda principale che voglio farti è: in base a quale filosofia stai vivendo la tua vita professionale, vivi per lavorare o lavori per vivere? Già secondo me la risposta che ti dai a questa domanda ti suggerisce una percezione della tua soddisfazione lavorativa, sulla quale andare a ragionare ulteriormente. La seconda domanda che ti propongo è perché il lavoro in particolare è così importante per noi? tanto che ad esempio se qualcuno ci chiede di raccontargli qualcosa di noi, la prima cosa che diciamo è sono un ingegnere, sono un avvocato, sono una psicologa, quindi poniamo l’accento su ciò che facciamo e non su chi siamo, quasi nessuno risponde sono una persona felice o soddisfatta. Oppure alcune persone che si trovano ad affrontare un periodo di disoccupazione, o la pensione, possono provare disorientamento. Questo accade perché il lavoro ci fornisce un’identità sociale, ci dà la sicurezza di essere utili, di muoverci nella nostra vita per raggiungere degli obiettivi e uno scopo. Definirci però in base al nostro lavoro porta con se anche un’altra conseguenza, ci spinge a vivere uno squilibrio tra la nostra vita privata e quella professionale, che a lungo andare porta all’insoddisfazione. Considera che questo tema della soddisfazione lavorativa è così dibattuto che è dagli anni 20 che gli studiosi cercando di capire da cosa dipende la soddisfazione in ambito lavorativo.  Tanto che ancora oggi non esiste una definizione onnicomprensiva, ma tra le tante quella che preferisco è quella di Locke del 1967 che definisce la soddisfazione lavorativa “Un sentimento di piacevolezza derivante dalla percezione che l’attività professionale consente di soddisfare importanti valori personali connessi con il lavoro”. Più in generale possiamo considerare la soddisfazione lavorativa come un atteggiamento verso il lavoro all’interno del quale è possibile distingue tre tipologie di componenti: quelle cognitive, cioè le nostre percezioni e credenze, quelle affettive, quindi le emozioni positive e negative e quelle comportamentali, cioè le azioni che mettiamo in campo. Quindi questo vuol dire che per valutare il nostro grado di soddisfazione dobbiamo tenere presenti diversi bisogni e motivazioni che ci spingono a pensare, sentire e agire in un determinato modo piuttosto che un altro.

La teoria che ti voglio presentare oggi è quella, che forse conosci già, della Piramide di Maslow, ma la declineremo in un contesto lavorativo. Maslow è stato uno degli psicologo americani più importanti della psicologia umanistica, che ha introdotto la teoria della motivazione umana. Molto brevemente, qui per questioni di tempo, possiamo dire che il suo approccio si concentrò sul voler trovare un modo per far sì che le persone potessero migliorare se stesse, riflettere su quali erano i loro desideri e le loro motivazioni e attraverso degli step poter raggiungere il loro pieno potenziale e vivere la vita nella piena soddisfazione ad ogni livello della piramide. Quindi possiamo leggere la sua piramide dei bisogni come una mappa, che ci indica quali sono i bisogni a cui prestare attenzione per poter raggiungere la vetta, tenendo presente che una volta raggiunta la soddisfazione del bisogno specifico questo non funge più da motivazione e siamo quindi pronti per passare al livello successivo. Inizialmente i gradini della piramide erano 5, vediamo nel dettaglio quali sono e come poterli declinare in ambito lavorativo; partendo dalla base della piramide al primo step troviamo i bisogni fisiologici, quindi dormire, mangiare, respirare, sono quelli legati alla sopravvivenza; in ambito lavorativo sono legati ai compensi, al salario, agli incentivi economici e alle condizioni di lavoro. Al secondo step ci sono i bisogni di sicurezza, quando ci sentiamo minacciati, in pericolo o troppo dipendenti da qualcosa o da qualcuno si attiva in noi l’impulso di proteggerci; in ambito lavorativo  prestiamo attenzione alla sicurezza sul posto di lavoro, ai benefici aziendali presenti e alle tipologie contrattuali, al terzo step troviamo i bisogni sociali, che comprendono i bisogni di appartenenza, di associazione, di voler essere accettati dal nostro gruppo di riferimento; sul lavoro sono la qualità delle relazioni nel gruppo di lavoro, con i capi i clienti, lo sviluppo della nostra capacità di leadership,   al quarto step ci sono i bisogni di stima e di autostima, riguardano i bisogni di indipendenza, di prestigio e di riconoscimento; sul lavoro cerchiamo di soddisfare i bisogni legati al  riconoscimento delle nostre capacità da parte degli altri, lavoriamo per raggiungere uno status delle ricompense sociali;  al quinto step troviamo l’autorealizzazione qui soddisfiamo i bisogni relativi alla piena espressione delle nostre capacità, del nostro potenziale, qui ci preme esprimere la nostra creatività, nel lavoro vogliamo raggiungere il successo, cambia il contenuto del nostro lavoro che diventa più creativo.  Successivamente Maslow introdusse un sesto gradino che chiamò trascendenza, che si raggiunge quando tutti gli altri gradini sono stati soddisfatti e si rivolge l’attenzione agli altri, quindi si ha un forte bisogno di altruismo e anche di voler entrare in contatto con qualcosa che è al di fuori di noi stessi. In ambito lavorativo possiamo tradurlo come un voler dedicare il nostro tempo ad aiutare gli altri ad avere successo. Questi ultimi due livelli possiamo dire che definiscono lo scopo della nostra vita, e sono molto difficile da raggiungere e da mantenere, ma sono quelli a quali dobbiamo tendere. All’interno del canale telegram troverai la grafica che descrive tutta la piramide di Maslow, già declinata in ambito lavorativo così da poterci ragionare anche in un secondo momento. Inoltre se sei arrivato ad ascoltare questa puntata dal canale telegram, probabilmente avrai potuto scaricare il pdf con le domande che ti avevo condiviso. Ecco quelle domande fanno riferimento proprio ai gradini della piramide di Maslow. Quindi rispondere a quelle domande, e iniziare da lì a porcene delle altre, ha l’obiettivo di chiarirti il grado iniziale del tuo livello di soddisfazione lavorativa, poi ti aiuteranno a capire quale gradino della scala devi fortificare per continuare a salire e questo ti porterà a focalizzare le tue energie verso il tuo obiettivo. Una volta stabilita la tua situazione iniziale prova a capire qual è il prossimo attraverso tre domande fondamentali, che ci suggerisce Bruce Hazen, consulente manageriale di fama mondiale,  per lo sviluppo della tua carriera:

  • la prima: è il momento di crescere? Non solo riferendoci ad un avanzamento di ruolo, ma anche all’aumento della curva di sviluppo della proprie competenze, al cambiare posizione lavorativa all’interno dell’azienda, o aumentare il grado di complessità del tuo lavoro.
  • La seconda; è il momento di uscire? Ovvero è arrivato il momento di lasciare quel ruolo, quell’impegno o quell’azienda, perché abbiamo capito che non fa più al caso nostro? La decisone può essere sottesa da un tema relativo ai valori aziendali che non coincidono più con i tuoi, oppure da una motivazione emotiva, non ti alzi più dal letto la mattina con la voglia di arrivare a lavoro, oppure senti che il lavoro ti sta stressando psicologicamente, è diventato faticoso, impegnativo, oppure non stai più imparando nulla sul tuo ruolo attuale e l’azienda non investe sulla tua crescita.
  • La terza: è il momento di adattare il tuo stile al lavoro per avere più successo? Cioè come abbiamo spesso detto, anche secondo Hazen, per avere successo in una professione, non è importante solo quello che sai fare, quindi le tue skill, ma anche il modo in cui lo fai, che lui definisce style, lo stile. Dall’unione di queste due parole ha introdotto il concetto di Skyle skill+style. Quindi quando ci accorgiamo che non stiamo raggiungendo i risultati sperati dal team di lavoro, dalla stesura di un progetto, quindi quando i nostri sforzi profusi non stanno portando all’obiettivo, può essere utile chiedersi se non dobbiamo cambiare il modo lo stile con cui stiamo lavorando. Possiamo svolgere quel lavoro in un altro modo? Possiamo provare a cambiare prospettiva, chiedendo ad esempio dei feedback ai capi, ai colleghi, per avere un riscontro diretto sulle nostre competenze e sul nostro stile lavorativo.

In qualsiasi fase ti trovi avere le idee più chiare e definire la tua situazione ti sarà utile per identificare un piano di sviluppo professionale, che ti consenta di valorizzare le tue energie, il tuo tempo, e considerare le strategie e le azioni per raggiungere gli obiettivi, una elevata soddisfazione lavorativa e la tua crescita personale e professionale.

Concludo condividendo con te una riflessione di Bruce Hazen: se non rimetti il tuo lavoro in linea con il tuo scopo, non farai altro che spostare il problema su un’altra scrivania.

Autrice

Dr. Valentina Patacca

Psicologa del Lavoro e autrice del podcast Psicologia a Lavoro!